26 maggio 2013, Lazio immortale e per sempre prima squadra della Capitale

26 maggio 2021. Roma. È una splendida giornata. Sole magico e cielo terso celestiale.

Otto anni sono passati da quel 26 maggio 2013.. E il tempo si è fermato in tutta Roma. Dalla sponda biancazzurra a quella giallorossa nessuno dimentica e tutti ricordano.

Basta guardare le facce tristi dei romanisti per rendersene conto. Anche e soprattutto oggi. Perché il laziale glielo rammenta. E loro chinano la testa. Distrutti da un dolore incancellabile.

Un 26 maggio è sempiterno, è per sempre, vale per tutte le stagioni, vale perché siamo nella Capitale. Una finale per entrare dritti dritti nella leggenda di questa città, cuore di Lazio e della Lazio, come Enea, mitico avo laziale approdato sulle sponde delle coste del Latium vetus e sulle rive del Dio Tevere migliaia di anni fa

Non era una partita quella del 26 maggio 2013. Era una resa dei conti. E la prima squadra della Capitale, per nascita e censo, ha fugato ogni velleità degli eterni perdenti, quelli nati in uno studio legale di Corropoli per volontà politica.

Quel minuto settantuno, quella maglia numero 19 che vola impazzita, quel tripudio finale con i 24.000 laziali presenti (assenti colpevoli, spiace) in Tevere e nella Nord, sono icone capitali di una giornata eterna. Una splendida giornata.

Hic manebimus optime. Qui saremo ottimamente. Lo striscione della Nord era un messaggio. E continuiamo a stare ottimamente. Grazie agli eroi del 26 maggio. Nessuno dimenticherà. Nemmeno i romanisti. Perché in quella gara hanno perso tutto. E noi abbiamo vinto tutto.

Epica sportiva applicata alla storia. Una storia che a Roma si chiama sempre e solo società sportiva Lazio.

Otto