Cupio dissolvi, ovvero la stagione tafazziana della Lazio (capitolo III-fine)

Il famoso teorema di Murphy: se qualcosa può andare male lo farà. Ed è esattamente così per la Lazio versione ottavo posto: infortuni, spaccature, rilassamenti, menefreghismo.A questo velenoso cocktail si aggiunge il fattore A, leggasi arbitri. La storia è arcinota: dai tempi dell’elezione di Tavecchio (i vertici arbitrali volevano Albertini presidente della Federcalcio) la classe arbitrale se l’è legata al taccuino. Sempre in buonissima fede, chiaro, ma è stata dichiarata freudianamente una guerra senza frontiere a Lotito, il «deus ex machina» dell’elezione di Tavecchio. Da quel momento arbitraggi sfortunati (eufemismo…) senza soluzione di continuità. L’anno scorso ci fu quel caleidoscopio di orrori, quel famigerato Lazio-Inter che scacciò i biancocelesti da un meritato secondo posto (ma con la roma di mezzo non c’erano speranze…).

In questa stagione tafazziana sono tre i flash (ma ne potrei enumerare una quindicina…) che meglio di tutti illustrano il rapporto conflittuale arbitri-Lazio (sarebbe più corretto dire Lotito…).

1) Reggio Emilia: tuffo con volo carpiato di cannavaro e rigore inesistente per il sassuolo. Squinzi ringrazia (e alla fine arriva pure in Europa…e con la boria di chi pensa di comandare il calcio come la sua confindustria se la prende con Lotito… pazzesco);

2) Derby d’andata: fallo fuori area di Gentiletti che l’ineffabile Tagliavento tramuta naturalmente in un rigore regalo;

3) Empoli: due gol regolari di Klose non convalidati che hanno falsato la partita e che hanno trasformato una vittoria tranquilla in una sconfitta rovinosa… Così è se vi pare… Può bastare? Non è vittimismo sia chiaro, ma la mera valutazione oggettiva e cronachistica.

La società non sembra potere nulla. Lotito è consigliere federale. Non può protestare in maniera eclatante per una vicenda odiosa come quella dei torti arbitrali. Che poi la Lazio ne abbia ricevuto un danno non risarcibile non è affatto secondario. Chi vi dice che a fine campionato i torti ed i favori si compensano dice una buglia sapendo di dirla. E allora chiedo alla società più forza e più presenza; tentare di far capire che la Lazio va rispettata. Non si è mai vista nella storia del calcio mondiale la società del consigliere federale trattata come una «pezza da piedi»: sarebbe ora di mettere le cose in chiaro.

Che la stagione della Lazio fosse caratterizzata dal segno negativo si era capito da tanti piccoli particolari, come evidenziato, ma tutti sottovalutati (e questo è stato imperdonabile): la società, a parte qualche ritiro punitivo forzato, non pare abbia fatto il massimo per evitare il disastro. La politica scelta, quella del «volemose bene», quella del «medico pietoso», quella del «va tutto bene madama la marchesa», ha creato danni ingenti anche in proiezione futura. Pensate quanto sarà difficile per la Lazio senza Europa questo mercato e soprattutto quanto sarà arduo non commettere alcun errore sulle scelte dell’allenatore e dei giocatori da acquistare. Perché solo senza errori si potrà rinascere.

A ciò non si può non aggiungere la telluricità di un ambiente (media e stragrande maggioranza dei tifosi) che non ha alcuna intenzione di recedere dall’antilotititismo militante. Siamo ormai alle crociate «tout court» che non portano a nulla se non a vivificare la tensione e la distruzione di tutto e tutti, e la Lazio, così come è messa, ha bisogno di tutto fuorché di una guerra senza fine. Parlare di rivoluzione contro il tiranno, equiparando la Lazio ad uno Stato nazionale, sembra davvero fuori luogo, oltreché demagogico. Augurarsi poi il fallimento pur di sbarazzarsi di Lotito rappresenta un rimedio che è peggiore del presunto male.

Insomma, la speranza è che si allestisca una squadra competitiva in modo da tacitare almeno quei tifosi che nulla chiedono se non una Lazio da primi posti. In tal senso le risposte della presidenza devono essere chiare, precise ed inequivoche. Se non si è in grado di comporre una rosa «europea» si abbia il coraggio di dirlo: il tifoso è molto meno stupido di quello che si vorrebbe far credere e non merita un altro ottavo posto. Se invece si ha la seria volontà di riconquistare il popolo deluso, e quasi rassegnato ad una Lazio del «vorrei ma non posso», attraverso l’allestimento di una rosa all’altezza delle ambizioni della prima squadra della capitale e di Lotito stesso (propalate in più di una circostanza) si facciano fatti concreti e senza indugio. Il fattore tempo può risultare decisivo per il successo della prossima stagione.

Peraltro, si avvicina il 26 maggio, data storica che rievoca la leggendaria finale vinta contro la roma di tre anni fa, e quale migliore occasione per annunciare quel giorno il nuovo allenatore (Prandelli? Ave Cesare…), visto che sarà questa la settimana in cui si ufficializzerà la scelta? Sono piccoli dettagli ma che fanno tutta la differenza del mondo. Biancoceleste naturalmente.

Carlo Cagnetti

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