Simone Inzaghi e quella strada che ti porterà ad essere come il “Maestro”

(lunedi 16 ottobre 2017, ore 17,30)

Certo che il calcio è davvero affascinante come non mai. Ma il calcio allo stesso tempo non è improvvisazione, non è semplicemente mettere degli uomini in campo, non è urlare per 90 minuti dalla panchina solo per far si che i tuoi giocatori capiscano chiaramente chi è che comanda.  Il calcio è studio, è lavoro, è sapersi approcciare con altre 25 teste che pensano in maniera indipendente per portarle a pensare all’unisono. Il calcio è trasmettere l’emozione di una maglia, il sacrificio e il sudore versati per quella maglia, le gambe mai tolte anzi, rimesse per quella maglia. Il calcio è un mondo che se lo comprendi, ti avvolge e ti domina, ma al tempo stesso ti gratifica e ti realizza.
E quando un allenatore riesce a far si che undici uomini, anzi quattordici, si compattino in un’unica sola massa e combattono sportivamente parlando fino alla morte, li l’allenatore si accorge che il suo lavoro è veramente riuscito. Non importa il risultato finale, perdere o vincere diventa relativo e questo può sembrare un paradosso ma non lo è. Sabato scorso all’Allianz Stadium casa della Juventus, la Lazio è riuscita a vincere proprio attraverso tutte queste componenti che si sono saldate tra loro formando un muro invalicabile. E dove quel muro veniva valicato, ecco che c’erano comunque, i difensori estremi che ne formavano subito un altro. La partita giocata dai ragazzi di Simone Inzaghi è stata proprio così ma attenzione, non stiamo dicendo che la squadra biancoceleste ha messo il pullman davanti alla porta e ha sperato di arrivare viva alla fine tutt’altro. La Lazio tatticamente ha di nuovo imbrigliato la Juventus, Inzaghi a distanza di due mesi esatti (13 agosto – 14 ottobre) è riuscito a rivincere la sfida contro Allegri che ancora una volta è uscito sconfitto sul campo. Inzaghi rispetto a tanti suoi colleghi attuali, non è solo semplicemente l’allenatore della Lazio. Inzaghi ne è praticamente il creatore, il padre, il condottiero, lo scudo, il bastone, la carota, il rispetto.
Oggi la Lazio è temuta, è considerata ( anche se sempre poco rispetto ad altre), è finalmente viva.  Oggi la Lazio ha una sua fisionomia di gioco ben delineata, eppure rimane comunque imprevedibile all’interno della partita giocata. Molti addetti ai lavori e molti tifosi al seguito di taluni addetti ai lavori, avevano frettolosamente e superficialmente (forse per il grande preconcetto verso la dirigenza attuale) giudicato negativamente la squadra, il mercato. Dopo 8 giornate di campionato con 6 vittorie 1 pareggio e 1 sconfitta, due partite vinte di Europa League, una Supercoppa italiana vinta, tutti quei discorsi erroneamente fatti, si sono sciolti come neve al sole testimoniando ancora una volta come certi personaggi in realtà non hanno capacità obiettiva di giudicare le cose per quelle che sono. Tutto è finalizzato a sminuire un lavoro di una gestione che non piace a prescindere e che quindi non  può in nessun modo avere dei meriti.
A distanza di due mesi, determinate dichiarazioni sui social, determinati articoli sui siti, determinate dissertazioni radiofoniche di allora, oggi vengono giustamente evidenziate chiedendo spiegazioni sul perché tali parole allora e soprattutto sul perché oggi , di fronte al palese errore di valutazione, non ci sia quell’onestà intellettuale nel prendere coscienza della topica presa anzi, come si dice a Roma “si rosica”. Si si rosica, perché giustamente molti tifosi attenti lettori e ascoltatori, non si sono dimenticati di tali scritti o dichiarazioni, e tra ieri e oggi, hanno giustamente fatto notare questo trovando però la non accettazione serena di chi appunto, aveva scritto o dichiarato strafalcioni.  La truppa di Inzaghi è riuscita a ricompattare un ambiente e a fargli aprire gli occhi facendogli finalmente vedere chi  per la Lazio vive, e chi invece con la Lazio ci vuole Campare, molto spesso ahimè, alle sue spalle. La consapevolezza che questa squadra ha ora, garantisce comunque che tutto sarà fatto per ottenere il massimo risultato possibile.
Ora il tifoso ha un suo riferimento chiaro, ha una strada bella visibile davanti agli occhi da percorrere. La società dovrà continuare a fare la sua parte sempre proprio per permettere a Inzaghi di dedicarsi esclusivamente al campo e alla squadra. Il campo fino ad oggi ha detto che il mercato della Lazio non è stato poi così fallimentare come detto e scritto da molti. Il campo ha anche detto che alcune cessioni eccellenti, probabilmente erano necessarie anche sotto l’aspetto di coesione di un gruppo che magari preferisce farsi molto più mazzo in campo tutti insieme senza fighetti, piuttosto che aspettare il muoversi di qualcun altro. Tutto questo ha determinato che con una spesa di soldi non eccessiva, si sia preso del materiale umano di rendimento e funzionale a ciò che Inzaghi vuole portare avanti.
Simone in questi due anni ha dimostrato di essere avanti, di non lasciare nulla al caso, di riuscire a non farsi bloccare dall’avversario, di non essere mai banale. Un percorso il suo segnato dal destino in quell’estate di 2 anni fa quando ormai stava già con la tuta della Salernitana addosso. Ma a Salerno la Lazio non lo aveva spedito per abbandonarlo così come qualcuno si è sbrigato a scrivere ( tanto per cambiare), ma solo per fargli fare esperienza per potergli affidare più in là, la panchina della prima squadra della capitale. Il destino però sapeva già tutto, sapeva cosa poteva dare Inzaghi da subito, sapeva che sarebbe stato l’uomo giusto al posto giusto, sapeva che avrebbe risollevato i cuori di tutti i tifosi, sapeva che questo avrebbe consentito finalmente di tanare chi invece quei cuori li voleva eternamente chiusi , freddi e cattivi. Il destino sapeva, ora lo sappiamo anche noi, oralo vediamo anche noi perché Inzaghi è l’allenatore della Lazio. Perché solo lui può al 100% trasmettere quell’essenza unica chiamata Lazialità.
“Cerco di trasmettere la mia Lazialità e quella dei miei figli ai calciatori” questo ha dichiarato Inzaghi, ed è questo quel quid in più che altri allenatori non potevano dare e non potranno mai dare. La strada che Inzaghi ha intrapreso è una strada aurea, una strada che consapevolmente o inconsapevolmente, decidete voi, lo sta portando verso l’accostamento a un altro unico e immenso uomo che ha avuto dentro le stesse stimmate, Tommaso Maestrelli. Oggi Simone sta camminando per diventare Tommaso, se ci riuscirà non lo sappiamo ancora, ma sappiamo con certezza che la strada intrapresa è quella. Nessuno ha dei dubbi in proposito, a distanza di oltre 40 anni, un altro angelo è sceso sulla Lazio e ha cominciato a ridipengere i cuori di biancoceleste con un colore vero, che non si scioglie alla prima acqua presa, perché è  il colore dell’aria e del cielo, e il pennello usato è la nostra Aquila che volteggia fiera e mai doma. Buon cammino Simone, sperando che presto ti si possa chiamare “Maestro”