

(immagine repertorio facebook)
Il tifoso è colui che per i vecchietti, come me, verrebbe da dire la domenica, riempie gli spalti ad ogni gara della propria squadra del cuore o resta attaccato all’inseparabile radiolina, rigorosamente sintonizzata sul canale che trasmetteva “Tutto il Calcio Minuto per Minuto”.
Dalla metà degli anni ’90, anche grazie all’avvento delle Pay TV, il tifo ed i tifosi hanno subito una metamorfosi perdendo l’abitudine di andare allo stadio. Quel catino, per la maggior parte dei casi di forma ovale e pieno di poltroncine, un po’ per i tempi moderni, il parcheggio e gli orari ristretti, un po’ anche per la comodità di vedere a casa sia la propria che altre squadre, ha perso un po’ il proprio fascino.
Il tifoso, che sia da stadio o da TV, che sia divanato o poltronizzato, resta, sempre e comunque, un fenomeno che risponde ad una determinata serie di comportamenti e di pensiero. Il tifoso, in poche parole, è soggetto ad una psicologia che, al tempo stesso, lo contraddistingue e lo accomuna ad altre realtà.
In maniera figurata, anche se, personalmente, ho sperimentato che si tratta di qualcosa di più, l’Accademia della Crusca, l’istituzione che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana, ci dice che la parola “Tifo” (così come tifare) è apparsa nel nostro dizionario, per la prima volta, nell’edizione del 1935.
L’origine della parola, in un contesto più colto, deriverebbe dal greco antico typhos: fumo o vapore.
Una corrente meno sentimentale, alla linguistica, ma non meno attendibile, fa ricondurre, ad un periodo precedente alla I^ Guerra Mondiale, il termine alla parola/malattia “Tifico”.
Tale associazione di idee vuole assimilare il tifo sportivo ad un concetto epidemico, dove la figura del tifoso è accomunata ad un soggetto affetto da una malattia, mentale, che offusca il pensiero di chi ne rimane affetto.
Se andiamo ad analizzare le statistiche, non possiamo dare torto alla seconda teoria perché, nel corso degli anni, il tifo calcistico è stato realmente epidemico ed ha coinvolto sempre più persone. Negli anni di inizio secolo, su una popolazione di 60 milioni di abitanti, un terzo si dichiarava tifoso. Negli ultimi anni possiamo aggiungere che il tifo, inteso come epidemia, ha incluso e catturato anche la parte femminile che, storicamente, non era mai stata interessata o attratta da questo genere di sport.
Le prime donne ad avvicinarsi a questo sport lo fecero perché attratte dalla figura del calciatore, da sempre un modello piacente che, guardandola con gli occhi dell’antico romano, si avvicina alla figura del gladiatore.
Negli ultimi anni, anche con lo sviluppo del calcio femminile, non è più così complicato trovarsi a parlare con donne preparate in materia di calcio.
Una branca della nostra società che oltre alle soubrette, che presentano le gare, può annoverare figure di spicco anche nel giornalismo sportivo.

(Immagine repertorio Cuore di Lazio)
Per concludere l’introduzione, prima di andare a vedere nello specifico i comportamenti dei diversi tifosi, possiamo accogliere, favorevolmente, anche quella teoria che vuole il tifo accomunato alla religione. Personalmente non ho mai confuso le due sfere.
Sono però, ampiamente, d’accordo nella parte in cui sia fedeli che tifosi partecipano e mettono in atto dei riti e dei modi di comportamento, che si accomunano gli uni agli altri.
Diversi personaggi noti, filosofi, poeti e personaggi del mondo dello spettacolo e della letteratura in genere, hanno trattato la vicenda. Tra questi possiamo citare Pasolini che definiva il tifo “Una malattia giovanile che dura tutta la vita” – Lo stesso Eugenio Montale, altra eminente voce della nostra letteratura, riteneva che “Dallo stadio calcistico il tifoso retrocede ad altro stadio: a quello della sua stessa infanzia”.
La casistica è talmente vasta che si potrebbe andare avanti per ore. Tra calcio e tifo sono tante le grandi firme che ci hanno deliziato su questi due temi.
Stabilita l’etimologia del termine, la figura del tifoso subisce poi la scissione in diverse macroaree. Quella più importante è tra tifosi ed ultrà. Ma questo è un altro discorso. Ciò che ci interessa, che andremo a trattare, è la distinzione, nel pensiero e nel modo di essere, tra tifosi della Lazio e tifosi della Roma.
Se dovessimo basarci su un esperimento fatto in Inghilterra, prendendo a base un gruppo di due tifoserie, a livello scientifico, ci accorgeremmo che le regioni cerebrali, deputate alla visione, si comportano allo stesso modo, d’altronde i due gruppi stanno assistendo alla medesima scena, mentre ad avere una diversa reazione sono le aree riservate alle funzioni cognitive, che variano a seconda dello schieramento per cui si fa il tifo. Questa differenza si basa sulla percezione che si ha delle circostanze.
Una situazione semplice da interpretare. Immaginate una stessa gara, Bianchi contro Rossi, con l’arbitro che, ad un certo punto, fischia un penalty ad una delle due squadre. Sicuramente i bianchi la vedranno in un modo, i rossi, ovvero, gli avversari, la vedranno in maniera opposta.
Il tifoso è anche diverso in base all’umore. Questo muta in base all’andamento tenuto dai propri beniamini.
Anche dal punto di vista delle sensazioni, sempre da studi effettuati psico-sociologici, possiamo notare che gli effetti della vittoria durano circa un’ora o poco più, quelli della sconfitta, e noi laziali ne sappiamo qualcosa, svaniscono molto più lentamente, alterando gli umori anche fino a diversi giorni.
Per spostarla sulla vita sociale, possiamo dire che tutti, prima di andare in un luogo a mangiare o a villeggiare, cerchiamo sempre recensioni negative non fidandoci, a volte a torto, di quelle positive.
Entriamo ora nel vivo della trattazione partendo dal profilo psicologico del tifoso laziale.
In questa disamina non posso nascondere, avendo vissuto il c.d. periodo disomogeneo della storia laziale, di essermi fatto le ossa e di aver verificato luoghi comuni, a volte del tutto inventati, ed esperienze personali sia in campo positivo che negativo.
La Lazio, eccezion fatta per l’ultimo ventennio, che piaccia o meno, sta vivendo la sua prima fase di equilibrio economico e finanziario. Per dirla in breve, anche se molti non se ne sono accorti, siamo finalmente una “SOCIETÀ” nel vero senso della parola. Oggi, a differenza del passato, possiamo dire la nostra su tutti i campi, calcistico, sportivo, societario, economico e finanziario.
La cosa Meravigliosa, che a mio avviso vale più di ogni trofeo, è che siamo in grado di dettare le nostre condizioni in qualsiasi ambiente.
Fino a qualche tempo fa, per farla breve, se una società voleva un nostro giocatore, un po’ per ragioni di bilancio, un altro po’ per difficoltà economiche, l’altro per impossibilità di rinunciare ad un’offerta, eravamo costretti a darlo via. Oggi le cose son cambiate. Oggi se qualcuno è interessato ad un nostro giocatore, deve ascoltare ed accettare le condizioni imposte dalla società…della serie “Prendere o lasciare”.
Nonostante tutto, negli anni, la psicologia del tifoso laziale non è mutata di pari passo con lo sviluppo economico, finanziario e sportivo della SS Lazio 1900.
Questa disamina, volutamente, non intende trattare della spaccatura che si è creata, nell’ultimo ventennio, tra lotitossessionati e non e tra coloro che considero, ed a cui appartengo, i neutrali, i veri innamoratisolo e soltanto, della SS Lazio 1900.
Questo è un discorso che tratterebbe la psicologia del laziale e non un paragone con i romanisti. Una trattazione che meriterebbe un capitolo a parte, molto ma molto lungo ed anche doloroso da ricordare.
Buona lettura a tutti.
Partiamo col dire che il laziale racchiude in se diverse peculiarità. Caloroso, acceso e pieno di sentimenti, passionale, pessimista (COSMICO), scontento, sempre pronto a vedere modelli altrui e a invidiare ciò che gli altri hanno. In poche parole, per il laziale, esiste sempre un modello da contrapporre a ciò che considero il prototipo; il modello Lazio. L’unico ed il solo. Egli, in sostanza, non riesce mai a godere a pieno il bello della realtà Lazio.
Quando però ci troviamo a parlare di lazialità la pietra miliare, per eccellenza, è la nostra storia. La Società Podistica Lazio è stata fondata il 9 gennaio del 1900, in Piazza della Libertà, zona del rione Prati – da Luigi Bigiarelli, un sottufficiale dei bersaglieri e podista che, oltre alla fondazione della S.P. Lazio 1900, qualora fosse ancora vivo, potrebbe raccontarci, dal vivo, cosa avvenne nel massacro di Adua del marzo 1896, in cui perirono otre 5000 soldati italiani. Il 9 gennaio 1900 è un punto di orgoglio del tifoso laziale, che ne fissa “l’Identità”. La Lazio è “La Prima Squadra della Capitale”. La Roma, invece, nasce 27 anni più tardi, dalla fusione di diverse realtà calcistiche dell’epoca, per puntare il tutto sull’identità cittadina. La Lazio, invece, per volere dei propri fondatori, Bigiarelli in primis, punta la propria sui colori della Grecia (patria dello Sport. “ndr: Tenete conto che l’arco temporale era quello delle “Olimpiadi Moderne, del mito del De Coubertin”), l’Aquila, invece, rappresenta storicamente il simbolo della fierezza, del dominio dei cieli, della forza, vero dominatore della simbologia dell’Impero e delle genti romane. Perché il simbolo Imperiale era l’aquila. La lupa, come simbolo della città, verrà introdotta successivamente.

Immagine repertorio SS Lazio 1900
Un recente studio universitario, anche molto interessante, ha assodato che a Roma città, la differenza tra romanisti e laziali è di 3 a 1. Una peculiarità che, negli ultimi anni, grazie anche alla cattiva pubblicità dei laziali stessi, ha assunto analogie anche al difuori del territorio dell’Urbe.Siamo in minoranza. In ogni quartiere della città eterna su tre abitanti 1, soltanto, è laziale. Se guardiamo la storia moderna, dal 2006 ad oggi, il masochismo laziale si è verificato grazie ad una campagna denigratoria, totalmente, intestina che ha poi alimentato la conseguente campagna esterna. Storicamente, e chi scrive lo sa per averlo vissuto sulla propria pelle, il laziale è sempre stato conscio di appartenere ad una minoranza. Fortunatamente tale situazione di soggezione si è trasformata in un vanto. Chi è cresciuto nel Lazio, in tutti i gradi dell’insegnamento, università compresa, è sempre stato in forte minoranza. Tale contesto sviluppa, nella gran parte dei casi, una tendenza alla difensiva; mentre, in piccola percentuale, porta ad una controtendenza e ad esportare la lazialità in ogni dove (un po’ mi rivedo in questa seconda ripartizione). La grande famiglia del laziale si divide poi in laziale passionevole, laziale sempre scontento e anti romanista. Il laziale è colui che soffre ad ogni gara e pensa, calcisticamente parlando, solo alle sorti dei biancocelesti.
Il “PESSIMISMO COSMICO” (leopardiano). del laziale nasce ed è figlio di un linciaggio mediatico e cinematografico, consolidatosi negli anni tra fine’70 e tutto il decennio successivo, grazie, anche, all’intercessione di operatori del cinema, dichiaratamente romanisti, che hanno descritto la figura del laziale come il “sempliciotto” di turno e quello sempre sfigato. Chi non ricorda, ad esempio, il film “Vacanze in America” (ndr “che da laziale ho sempre ritenuto di cattivo gusto”), dove la figura del laziale è quella del simpatico ma schernito, da tutti gli studenti, “don Buro”, ben interpretato da Christian De Sica. Oppure i vari Cine Panettone degli anni ’80 della serie “Vacanze di Natale”. Credetemi tale circostanza è riuscita a cancellare quasi del tutto l’identità del laziale al di fuori dei confini della regione. Aumentando, di proposito, la popolarità di quello giallorosso. Cinematografia dove, pur di lavorare, noti attori laziali, recitavano le parti di romanisti sfegatati.

Foto archivio Amazon
I tifosi biancocelesti, per cercare di contrapporre la loro identità a quella giallorossa, si appellano a concetti, simbolicamente astratti, come quello dell’attaccamento alla “Maglia”, o del rispetto per la Storia. D’altronde la Lazio, per dirla con una sorta di concettualità tipica del diritto internazionale, può vantare “l’Originarietà”, un elemento importantissimo per il riconoscimento, a livello internazionale, di uno Stato. La storia però, a volte, tende a portare il laziale a pensare in maniera scellerata e ad accettare passivamente alcune decisioni provenienti da altri. Il Flaminio “Ai laziali…per la storia…” è soltanto la punta dell’iceberg. In poche parole, a volte, in nome della storia, il laziale è portato a prendere posizioni negative e dannose.
Il tifoso laziale, per la scarsa solidità economica della società, non vanta vere e proprie bandiere che hanno indossando la, sola, maglia biancoceleste. Questo porta a vincolarsi, alle vicende storiche. Ecco perché ricordiamo Piola, Prini, Chinaglia, Fiorini, Di Canio, Mihajlovic, Lulic, Immobile o Maestrelli etc. etc. questo però, il più delle volte, a discapito di altri personaggi che, nello stesso periodo, hanno contribuito a fare la storia. Allora ecco i personaggi della controstoria come Poli e tanti altri distintisi per aver contribuito a tenere viva la nostra storia. A questi si aggiungono poi i momenti e le vicende del passato, la Serie B, la tragica scomparsa di Luciano Re Cecconi, il calcio scommesse, il periodo buio dell’era finale di Cragnotti, le varie vicende che hanno portato alla quasi scomparsa della Lazio etc. etc. Per non parlare dei personaggi dipinti con colori negativi, passando alla storia per ciò che gli è stato, falsamente, imputato. Tutto ciò parte dalla sopportazione e si trasforma in motivo d’orgoglio; come per Lulic e il gol realizzato al ‘71 minuto che, in una frazione di secondi, cancella “per sempre (?) quella sorta di soggezione dovuta allo strapotere, inesistente, dei romanisti.
Storicamente il laziale ha vissuto delle vere e proprie fratture. Situazioni, dovute a motivi, anche futili, che al nostro interno, divengono vitali. Negli anni ’70, dal cambio tra Lorenzo e Maestrelli, nasce il fenomeno della “Coscienza della Lazio”. I rapporti con la società, che negli ultimi anni hanno visto una spaccatura sempre più profonda, nonostante molti siano rientrati nei loro passi. Poi il rapporto con la politica, il parallelismo con il fascismo, un marchio affibbiato a noi tifosi biancocelesti, senza tenere conto della disomogeneità, di ideali politici, del c.d. popolo laziale. Ed infine, l’ultimo motivo di spaccatura, quello meno comprensibile, che vede il laziale diviso in tre generi: Lotitiani, Antilotitiani, e Laziali. Personalmente, come già anticipato, appartengo alla terza fazione. Continuo a fare il tifo, come ho sempre fatto, riconoscendo momenti buoni e momenti meno positivi. Una spaccatura che molti hanno somatizzato, nel tempo, altri riescono a superare a seconda del tenore dei risultati, mentre il resto riesce a scindere ossessioni, odi, simpatie ed antipatie cercando di remare sempre dalla stessa parte.
Il secondo gruppo è quello in guerra col mondo. Se si vince per 3-0 si lamenta perché si è doveva fare il quarto goal. Se si prende un trofeo, non va bene perché avremmo dovuto alzare anche l’altro. Poi ci sono quelli che denigrano un trofeo ma poi festeggiano una determinata data.
La terza sfera, invece, odia con tutti i mezzi la Roma e allora si rifugia nella lazialità. Il risultato è che non importa che la Lazio vinca, può anche non vincere, ma l’importante è che a “…scajare”, sia comunque anche la Roma; con buona pace per tutti.
Un’ altra caratteristica, che va a connotare la psicologia del laziale, risponde alla legge non scritta che vuole il prato altrui, una distesa sempre più rigogliosa. Ed ecco la tendenza ad emulare iniziative fatte dai romanisti, “Loro lo fanno…e noi…” “…e intanto loro hanno preso…e noi no”. Mi vien da pensare all’ Apetto Piaggio in centro, una iniziativa, ad avviso di chi scrive, pacchiana e associabile alla psicologia del romanista, non al laziale. “Il negozio in centro” ce lo siamo dimenticato?Oppure la moda, dell’ultimo periodo, che porta, molti, a crearsi dei modelli da contrapporre a l’unico che si dovrebbe avere, ossia, il solo, ed inimitabile, modello Lazio.
Il laziale, a differenza del romanista, tende ad addossare colpe inesistenti verso quei giocatori che, per loro sfortuna, hanno fallito l’appuntamento con il destino.
Come vedremo, in seguito, il romanista tende a comprendere le scelte e gli errori dei suoi beniamini. Noi laziali, per la maggior parte, siamo inclini nel dare colpe inesistenti. Un esempio su tutti è l’errore dal dischetto di Stefano Chiodi, nel campionato 1980/1981, senza pensare a quanto fosse il peso di quel penalty e al danno psicologico subito dalla persona. Stefano Chiodi, un calciatore che ha indossato la maglia per cui tengo, un calcitore che, come gli altri, porterò sempre nel cuore.

Foto archivio Magliarossonera.it “Ho scelto questa immagine perchè voglio ricordare uno Stefano Chiodi Sorridente. Non me ne voglia nessuno”.
Tenete conto che i diversi profili, oltre che dal frutto di studi sociologici, sono anche il risultato di esperienze vissute tra stadio e fasi della vita. Profili diversi che non puoi non amare, D’altronde stiamo parlando, e di questo, spesso, ce ne accorgiamo in pochi, pur sempre di un genere unico, “il Tifoso Biancoceleste”.
Passiamo ora alla figura sociale del tifoso giallorosso. Come anticipato, e non è un mistero ma a volte anche un’esigenza, alcune caratteristiche sono state mutuate in contrapposizione con le abitudini dei tifosi laziali e allora si parte.
Così le differenze tra le due tifoserie sono collegate e distinte allo stesso modo. Perché dalle peculiarità dell’una emerge per contraria si palesa l’altra. Se quelle della Roma sono di meno è perché sono laziale e pongo maggiore interesse sulle nostre.
La prima convinzione su cui si basa il tifoso romanista è quella di avere ereditato i geni dell’antico romano. Il romanista, tenendo per la squadra che porta il nome della città, si sente a pieno titolo discendente di coloro che fecero grande l’Impero. Una assimilazione che non ha motivo d’esistere. Geograficamente, oggi, siamo tutti discendenti degli antichi romani. Genealogicamente è quasi impossibile perché le vicende storiche hanno quasi cancellato ciò che è stato il gene dell’antico romano.
Il secondo, che ci viene in mente, è il detto “La Roma nun se discute se ama.”. Ma se vi dicessi che Remo Zenobi, alla guida della Lazio, già nel 1927, è stato il primo a coniare il motto: “La Lazio non si discute, si ama”, che anni dopo verrà ripreso e adottato dai tifosi giallorossi mi credereste? A coniare la frase, pro-Roma, fu il noto tifoso romanista Renato Rascel il 17/06/1951; a circa 24 anni di distanza dal nostro Remo Zenobi. Una situazione di mancato copyright che, oggi, calza a pennello perché il tifoso romanista, “Permettetemelo”, la Roma non la discute veramente.
Il tifoso romanista, anche grazie al linciaggio mediatico e cinematografico degli anni ‘80/’90 e alle vicende note del calcio scommesse, ha avuto modo di farsi conoscere, di più, al di fuori dei confini geografici. Se un forestiero ama Roma città, obbligatoriamente, è portato a tifare Roma. Cosa volete che ne sappia, a titolo del tutto esemplificativo e per esperienza personale, un siciliano, un pugliese o un romagnolo che la Lazio è nata prima? Che la Lazio ha sede e gioca a Roma? Qualcuno di voi ha mai perso tempo a spiegarlo? Personalmente si. Però la frittata era ormai fatta.
Il romanista, all’occhio, appare più spavaldo. Tutto frutto di vicende che le sono state pitturate attorno. Spesso, infatti, sentiamo parlare di una Roma che, negli anni ’80, ha conteso la leadership alla Juventus. A ben vedere, dati alla mano, tolti due/tre anni di quel decennio, tra cui uno scudetto vinto ed uno perso contro il Lecce, non sembra abbia mai impensierito i torinesi, veri padroni della scena calcistica italiana, assieme alle due milanesi, per molti decenni e al Napoli di Maradona e degli altri, perché il calcio è e resta, pur sempre, un gioco di squadra.
La lupa e i due fratelli. Per far aderire l’idea della romanità, quella essenziale, verace, il più confacente al territorio dell’Urbe, la Roma ha scelto come segno distintivo “La Lupa capitolina”, non il lupo badate bene. Una lupa intenta ad allattare i due fratelli Romolo e Remo. Ai più, specialmente a chi di Roma città non è, vedendo la lupa, nasce la sensazione che il simbolo calcistico della città sia la Roma. Il falso mito però, se ci si sofferma sulla storia antica e moderna della “Città Eterna”, viene a decadere poiché la lupa non era il simbolo originario dell’Urbe. Una costruzione identitaria che poggia le proprie basi su un falso mito. La lupa, infatti, diviene il simbolo della città di Roma a partire dal 1471. Mentre il vero simbolo dell’Urbe è sempre stato l’Aquila. Rapace presente nelle insegne imperiali.
La Roma, a differenza della Lazio, può contare sui giocatori c.d. bandiera. Vero ne hanno avuti ma questo va in netto contrasto con la realtà, perché la bandiera altri non è che la contrapposizione all’essere nati in seguito alla fondazione della SS Lazio 1900. La Lazio, infatti, può vantare l’originarietà del nome e del titolo. La Roma è nata dalla fusione di diverse realtà preesistenti in città fino al 1927. Periodo in cui si fa ricadere la nascita dell’odierna AS Roma.
Il romanista, differentemente da noi laziali, tende a rendere, invece, leggendari gli errori dei propri calciatori. Il goal di Turone resterà una pietra miliare scolpita nelle loro menti. Per darle maggiore credibilità hanno tramutato la storia in un film.
Altra peculiarità del tifoso romanista è, per esperienza personale, quella del proselitismo. Il romanista cerca sempre di trovare nuove leve.
Non dimenticherò mai il mio inquilino, da ragazzo, che nel cambiare casa mi aspetta, per un saluto, confessandomi che, nonostante avesse portato tutti i ragazzini del condominio a tifare Roma, non si dava pace perché con me non ci era riuscito. “Ciao Sergio. Tifavi per una squadra diversa dalla mia. Il rispetto, però, non è mai venuto meno”.
Questa disamina risente, come più volte anticipato, di situazioni oggettive legate alla storia della città, delle due squadre e della società ma, anche, di esperienze e testimonianze di carattere personale.
Fonti: Calcio: 1898/2007 Storia dello Sport che ha fatto l’Italia, John Foot, edizione 2007, Guerin Sportivo, Gazzetta dello Sport, Rivista Contrasti, rivista Focus, siti vari, esperienze personali.
Fonti immagini: Sito Ufficiale SS Lazio, Lazio Wiki, Twitter, Facebook, Amazon, Magliarossonera.it, Cuore di Lazio.