la 2° novella dell’estate, “IL CALIFFONE”

“Chi compriamo?”
“Seh, compriamo! Con l’indice di liquidità non si compra”
“Sempre la stessa storia, guarda gli altri invece”
“Per non parlare del bilancio”
“E perchè, i prezzi degli abbonamenti?”
“Sarà sempre così, purtroppo… sarà mediocre”

Che gran vociare in queste tv, le radio non sono come quelle di una volta e nemmeno gli sguardi di questi tizi, più o meno noti, più o meno giovani, che si dicono laziali. Io ormai sono vecchio, ma nato laziale, in giro per l’Italia e per il mondo per la Lazio, con quel gruppo di amici, sempre gli stessi, che la seguivano col petto in fuori, orgogliosi di sventolare la nostra bandiera al cielo che poi porta gli stessi colori. Ai miei tempi non guardavo nemmeno troppa tv, mettevo addosso quella maglia azzurra con l’aquila sul petto, prendevo la sciarpa e, dopo un bacio sulla guancia a mamma ed una pacca sulla spalla a papà, dopo aver fatto la promessa che sarei stato attento e che non ero sicuro di poter mantenere, (ma questo loro mica lo sapevano), uscivo di casa ed aspettavo che arrivasse Franco, l’amico d’infanzia sempre in ritardo, quello che guidava il Califfone bianco. Ma voi lo ricordate il Califfone? Purtroppo, col tempo, alcune cose non si ricordano più: quei due ragazzetti di vent’anni col Califfone rubato al papà, si sentivano i padroni del mondo quando giocava la Lazio. Quelli di oggi sono già ingobbiti, pigri, chini sui loro smartcosi, come diamine si chiamano e si credono tifosi veri perchè leggono tutto il giorno quei social che hanno sostituito le chiacchiere al bar vicino casa. Ma che ce ne importava a noi di come il presidente comprasse i giocatori, l’importante era che li comprasse, magari con la speranza di tornare in A o di replicare i ragazzi dello scudetto del 1974, anche loro ragazzetti come noi, matti come cavalli, talmente matti da aver portato lo scudetto a casa.
Che differenza faceva, ai tempi miei, se il bilancio era verde, rosso o arancione? Siamo tifosi mica sta a noi contare i soldi in cassa, il tifoso… tifa. Quei colori ci preoccupavano solo quando li vedevamo al semaforo ed eravamo a mezz’ora dall’inizio di una partita.
Ma che ne sanno questi ragazzetti sempre lagnosi di quel gol di Bomber Fiorini? Questi si mettono paura a leggere la parola “rosso”, in serie A, dopo aver chiuso una stagione da secondi, ma mica lo sanno che potevamo non esistere più da un pezzo.
“Non entro per il presidente”
Balle. Il tifoso laziale è sempre stato rompipalle di natura, mica lo nego, i presidenti li abbiamo contestati tutti e se qualcuno avesse conosciuto Luigi Bigiarelli, all’epoca avremmo contestato pure lui ma durante i momenti difficili non è mai esistito mancare all’appuntamento. E poi volete mettere gli incontri e gli scontri contro le tifoserie avversarie? Il non riuscire a respirare per i lacrimogeni della madama, i fumogeni e le bandiere che ti cuciva nonna e che pesavano più di noi, come quella maglia di lana a maniche lunghe che solo a pensarci mi torna la rosolia. Ma ve la ricordate la trasferta a Barletta dove rimanemmo bloccati lì senza poter avvisare pora mamma? Era l’86 se non ricordo male, tante volte pare ieri, tante volte, una vita fa. Ma sono sicuro che Franco se lo ricorda ancora chi aveva segnato quello 0-1, lui se li ricorda tutti, tante volte mi fa impressione. E quell’altri, pochi anni prima, avevano vinto lo scudetto quindi dovevamo ricordargli più spesso che di Roma, eravamo sempre noi i padroni, che mille di loro non fanno uno di noi. Eppure, oggi sento “eh, invece loro…”. Ma non v’abbiamo insegnato niente? Ma io a quelli non invidio nemmeno la tomba, figuriamoci i piazzamenti, la storia, la società o qualsiasi altra cosa. Scontenti di un nome, di più nomi, dei parcheggi lontani e dei tornelli, il calcio moderno farà pure schifo ma pure voi tifosi vi ci siete adattati.
Perchè arrivare a Napoli per uno spareggio, ti entra sottopelle. Il nome che importava a noi era uno e si chiama Lazio. Certo, mica ce li siamo scordati i ragazzi del Maestro e nemmeno quelli capitanati da Alessandro Nesta del sor Cragnotti, ma senza Lazio prima, non sarebbero esistiti nemmeno i nomi dopo, non sarei esistito io, Franco e quel manipolo di fratelli che si girava il mondo in serie cadetta dicendo bugie a papà e facendo piangere mamma per la preoccupazione. E se in trasferta, in campi che chiamarli “di patate” è un complimento, non avevo preso le botte poi era facile che me le dava mio padre per essere sparito per due giorni senza riuscire a dare tracce di vita. Ma tifo Lazio, sono immortale.
E come avrei conosciuto quella ragazzetta coi capelli scuri e gli occhi screziati d’oro? Non lo sapevo come si chiamasse, sapevo solo che era la cosa più bella che avessi visto.
E non avevamo i social o i cellulari, come la potevo ritrovare? Ma ai tempi miei eravamo diversi pure in questo perchè c’andavamo di tigna e l’ho beccato l’amico in comune che mi disse dove trovarla. Oggi basta un clic e si trovano, clic e si lasciano, sempre chini su quei marchingegni, sempre scontenti.
Faceva l’istruttrice per bambini, era bella davvero, mi ci sono impazzito ma l’ho trovata ed ancora oggi mi chiedo perchè non me la sia sposata.
Ma ad alcune domande non esistono risposte, doveva andare così. La Lazio non è sparita, ad un passo dal baratro, in quegli anni saremmo stati disposti a vendere l’anima al diavolo per avere un secondo posto in serie A, ma che avete da lamentarvi?
Un consiglio da chi ha visto campi e vissuto momenti in cui ci tremava la terra sotto ai piedi e non sapevamo che fine avrebbe fatto la Lazio nostra: godetevela qualche gioia. Provateci dal vivo con queste ragazze. Riempiteli quei settori ospiti. La Lazio è un vanto, un privilegio, un onore.
E guardate quei ragazzi in campo invece di passare le partite a riprendere con i cellulari in mano. Sposatele quelle ragazzette che hanno il cuore che batte per voi e per la Lazio.
Adesso però, devo richiudere il cassetto dei ricordi, dei rimpianti e dei rimproveri. Ovunque io sia, sarà sempre dove si trova la Lazio mia.
“E chi non se la sente, vada via subito”
“Noi pochi, noi felici pochi, noi manipolo di fratelli”


(L’immagine di copertina è stata presa come fonte da – Twitter)