FLAMINIO SI…FLAMINIO NO…SE FAMO DU SPAGHI?… Stadi in Italia.

Immagine di repertorio da Il Messaggero

La situazione che regna attorno al Flaminio sta prendendo una piega bizzarra. Tutti vorrebbero dire la loro. C’è chi, in nome della storia, si è lasciato convincere che il vecchio stadio possa diventare il tempio della SS Lazio 1900. Altri, a dire il vero, più concreti e meno sognatori, consci dell’importanza di dotarsi di un impianto nuovo e all’avanguardia, con infrastrutture di contorno, pendono per una nuova location. La storia sta comunque tramutandosi in un ritornello da “L’Italia dei Cachi”, magistralmente cantato nel 1996 dal simpatico gruppo musicale “Elio e Le Storie Tese”.

Immagine di repertorio Social Up

Così, nel corso di un evento benefico tenutosi qualche giorno fa, per festeggiare i 40 anni del nostro inno “Vola Lazio Vola”, scritta da Toni Malco, il presidente della SS Lazio 1900 dott. Claudio Lotito, nel corso di un intervento, tra le altre cose, ha avuto modo di parlare della questione stadio e del Flaminio.

Immagine di repertorio SS Lazio Museum
Immagine di repertorio Wikipedia
Il presidente Lotito, ad avviso di chi scrive, con il suo modo di fare mai banale, ha fatto capire la sua posizione e ciò che, realmente, servirebbe alla Lazio per fare il tanto richiesto, dai tifosi, “Salto di Qualità”.
Lo stadio è importante e va fatto quanto prima. Però, per farlo, bisogna mettersi d’accordo. Serve si l’impulso della società ma, allo stesso tempo, anche le istituzioni debbono venire incontro alle esigenze di una società che conta più di un secolo di storia (123 anni per la precisione) e sta crescendo, anno dopo anno, attestandosi tra le grandi della nostra serie A.


Immagine di repertorio Meridiana Notizie

Senza soffermarci su quanto detto dal presidente Lotito, agli intervenuti alla manifestazione, andiamo a vedere come stanno realmente le cose.

Ora chi starà leggendo le prime righe, obietterá: “Ma il Flaminio è un pezzo di storia della Lazio.” Vero. Il Flaminio è stata la storia della Lazio. Ora però bisogna pensare sia al presente che al futuro. E’ vero che lo stadio Flaminio, anche per la sua posizione geografica, da sempre, si identifica con la Lazio.
Però la realtá dei fatti, è ben altra. Si parla spesso di rilancio internazionale del calcio nostrano.
Di differenze tra realtà calcistiche europee con l’Italia.
Di mancanza sul podio europeo di squadre italiane da diversi anni; diciamo anche decenni (anche se loscorso anno seppur sconfitte, le squadre italiane si sono giocate tutte e tre le finali delle competizioni europee disponibili).
Effettivamente il lungo digiuno europeo, se vogliamo, é terminato la scorsa stagione con la Conference League ai capitolini della AS Roma 1927.

Immagine di repertorio Il Primato Nazionale

Una magra consolazione poichè in Europa, nel calcio che conta, le nostre società non riescono piú ad affermarsi.
La fine del calcio italiano, a livello internazionale, anche se vi sembrerà strano, segna il passo con la finale di Champions tutta italiana, giocata tra la Juventus ed il Milan del 28/05/2003, svoltasi all’Old Trafford di Manchester, che vide trionfare il Milan. Anche se è incredibile crederci, questa bellissima gara ha segnato il passo tra il nostro calcio e quello delle altre nazioni europee.
Da quel momento in poi, mentre noi ci cullavamo su una supremazia inesistente, le altre grandi d’Europa, dopo essersi leccate le ferite, poco, si sono rimboccate le maniche ed hanno iniziato a fare sul serio ricostruendosi e aggiornandosi.
Ciò a cui assistiamo da circa venti anni a questa parte, non è altro che il risultato della nostra fine e della loro rinascita acuendo le ragioni della nostra arretratezza calcistica.

Immagine di repertorio Sport Mediaset

Lo stato dei fatti e le circostanze hanno portato a porsi delle domande su quali fossero le motivazioni della nostra regressione. Di sicuro sono diverse. Ma una su tutte riguarda gli stadi. La Lega Serie A, non chi scrive, qualche tempo fa, ha stilato un reportage sullo stato attuale degli stadi italiani, mettendoli successivamente a paragone con le realtà europee.
Risultato? Siamo veramente messi male.

Immagine di repertorio Calciomercato.com


L’analisi, risalente all’anno 2018 (non che nel 2023 le cose siano cambiate di molto), era a dir poco impietosa.
La percentuale maggiore di stadi, nel nostro territorio, appartiene alla “res publica”, con la gestione affidata ai comuni.
I proprietari privati sono appena cinque: Juventus, Sassuolo, Udinese, Atalanta e lo Stirpe di Forsinone.
L’unico stadio che si differenzia, quanto alla gestione, è l’Olimpico gestito dal CONI, in cui giocano Lazio e Roma.
La situazione è ancora peggiore se si va a guardare l’età anagrafica.
La maggior parte delle case che ogni domenica, si fa per dire, ospitano i tifosi di ogni squadra sono stati costruiti prima del 1940.
Gli altri, in diverse epoche, tra il 1940 ed il 2000; di cui 1 tra il 1980 ed il 2000.
Dopo il 2000 ne possiamo vantare soltanto 3.
Risultato?
L’ultimo restyling, degno di nota, riguarda i lavori eseguiti per i Mondiali di Italia ’90. Siamo tra gli ultimi della lista, dei cinque migliori campionati, per affluenza e per Incassi.

Immagine di repertorio FIGC


Lo studio della Lega si proponeva il risultato, non facilmente raggiungibile in Italia, di alleggerire la burocrazia proponendo un miglioramento della situazione attraverso la costruzione di stadi nuovi a spese delle società committenti. La situazione ha portato diverse realtà della massima serie, tra cui Milano, Roma e Firenze su tutte, a presentare progetti o a provare a richiedere concessioni edilizie, ad oggi rimaste quasi inascoltate. L’ultima battaglia è quella che sta cercando di combattere, finora senza costrutto, per dotare i Viola di uno stadio all’avanguardia.

Immagine di repertorio Firenze Today

A questo punto ecco che arriviamo alla Lazio. Perchè il laziale, se non si fa del male da solo, non sta bene. Come al solito, alle richieste delle società romane di ottenere i permessi per lo stadio, mentre alla Roma viene data per fatta la possibilità di dotarsi di uno stadio in una nuova area, con tutto l’indotto che ne consegue, nel mondo Lazio, ecco uscire fuori i nostalgici della storia. Ecco fare capolino quelli che vogliono, a tutti i costi, che la Lazio debba andarsi a prendere uno stadio dismesso, con grossi vincoli, in piena zona centrale e senza alcuna possibilità di sfruttare la zona circostante.
Ma perchè propio a noi il Flaminio? Perchè la Lazio non può avere la possibilità di farsi uno stadio moderno come lo si riotiene legittimo per la Roma?

Immagine di repertorio Corriere dello Sport


Dopo aver ricostruito, in generale, il sistema stadi in Italia, ora, se c’è una cosa certa su cui possiamo basarci, lo sapete tutti, in Italia gli stadi, oltre che vecchiotti, sono quasi del tutto di proprietà pubblica.
Piccola domanda ???
Quale è stato il primo stadio di proprietá in Italia?
Facile…diremmo noi…
Lo Juventus Stadium, oggi ribattezzato Allianz Stadium, e vedremo anche perché, non è mica il solo.
No. Lo stadio della Juventus è l’ esempio di come un impianto sportivo si avvicina agli standard europei.
Uno stadio più lo sfruttamento della superficie attorno, per motivi extracalcistici.
Complimenti alla lungimirante Juventus Football Club.

Immagine di repertorio Calcio Deal


Ora peró lasciamolo lì dov’è, non glielo tocca nessuno, e rispondiamo alla domanda.
Il primo stadio, di proprietá privata, nasce tra il 1993 ed il 1995 ed è ad uso esclusivo della Reggiana Calcio.
Gli danno anche un nome; stadio Giglio, dall’azienda lattiero casearia della zona. Chi non ha mai acquistato una confezione di Latte Giglio, almeno una volta nella vita?
Questa però è una bellissima storia, molto romantica che riprenderemo in seguito.

Immagine di repertorio Sport Business Management

Tornando a noi, per ciò che ci interessa, oggi le squadre italiane proprietarie di uno stadio sono:
Juventus, Udinese, Atalanta, Sassuolo (che se lo è ritrovato bello e fatto, non vi dimenticate della Reggiana eh? Ve l’ho detto che ne riparleremo), assieme allo Stirpe (stadio all’inglese) del Frosinone. Bellissimo, forse il piú bello. Ve lo ripeterò fino alla noia.

Immagine di repertorio Lega Serie A

“Per ovviare a malintesi, sfato subito il tabú italiana maniera, dove se uno dice qualcosa, di sicuro ci sta dentro, non faccio il costruttore, non faccio l’ingegnere e non so costruire ne stadi ne case. Nelle mie mani sarebbe già crollato tutto.”
Tornando a noi, ad oggi, abbiamo:
Juventus-Allianz Stadium;
Udinese- Bluenergy Stadium (già Dacia Arena);
Atalanta-Gewiss Stadium;
Sassuolo-Mapei Stadium, tenete a mente il Giglio…che non ha nulla a che fare con la Fiorentina, che lo stadio lo vorrebbe.
Poi lo Stirpe P.S.C. Arena, grazie alla collaborazione con la Prima Sole Components srl.
Allianz, Mapei etc. etc., tutte o quasi hanno adottato il sistema del naming rights…

Immagine di repertorio Sport Business Management (Tottenham Hotspur Stadium detto anche New White Hart Lane)

Rieccoci qua…dove eravamo rimasti?
Ah! al “naming rights”. 🤔🙄😱
Partiamo subito col dire che non si tratta di una parolaccia e non vi sto offendendo. Non lo farei mai.
Nello stivale circa il 70/75% degli stadi sono di proprietà pubblica. Ve lo ricordate? Si!
Questi sono intitolati a persone di tutto rispetto, santi ed ex calciatori o, come accade per l’Olimpico che comunque è del CONI (a livello gestionale) a fatti storici, come le Olimpiadi del 1960 a Roma. Tanto care al mio indimenticabile papà (questa però è una mia digressione dovuta a ricordi storici) e vi chiedo scusa 😢.

Immagine di repertorio Azzurri di Gloria
Immagine di repertorio Wikipedia


Torniamo a noi.
Alcuni stadi, a seguito di circostanze più o meno tragiche o drammatiche, hanno anche il doppio nome. E c’è chi decide di chiamarlo in un modo o nell’altro. Non da ultimo, lo stadio San Polo di Napoli che porta il nome del compianto Diego Armando Maradona.

Immagine di repertorio Vesuvio Live


Gli stadi, pertanto, prendono il nome da benefattori, personaggi sportivi, personaggi piú o meno noti o legati alla storia della città o della squadra.
Questi personaggi, danno il nome allo stadio. Però non pagano nulla e come potrebbero? Mica lo hanno chiesto loro.
E qui riprendiamo il discorso del naming rights.
Ecco cosa accade con quella parolaccia inglese, che non è una parolaccia ma significa, in italiano, “Diritti di Denominazione”.
Con questa parolaccia, un potenziale sponsor, sotto la stipula di un contratto oneroso, qui sta l’inghippo, paga per vedersi affidare il nome di quello stadio, sotto compenso.
Non lo possono fare soltanto i privati obietterete voi.
È vero…obiezione accolta.
Però da noi, tranne brevi esperienze, lo hanno fatto, finora, soltanto loro.

Immagine di repertorio Sporteconomy

Ma conviene?
Fate voi…
Dati alla mano sembra che alla Juventus, con questa partenership, sia andata benissimo. sempre lei?
Mica è colpa mia, loro sono bravi, sono avanti anni luce, e l’operazione sembra sia fruttata diversi soldini.
Quanti? Direte voi…
Vi lascio immaginare. Sotto i cento ma qualcosona (uno sproloquio permettetemelo) più della metà di 100.

Immagine di repertorio Il Giorno

Allora, il naming rights lo abbiamo chiarito. Ora passiamo ad altro. Lo stadio privato serve?
Si?
Ma a cosa?
Direte voi…ma stiamo giocando?
Si lo stadio serve per giocare…ma anche per guadagnare e migliorare la situazione economico-finanziaria delle società.
Altra domanda.
E con lo stadio di proprietà ci si guadagna?
Ni.
Gli incassi sono quasi tutti tuoi.
Lo stadio è tuo.
Però gli incassi sono se lo riempi. Gli stadi oggi debbono essere piccoli. Per un massimo di 35000/50000 (e mi sono allargato tanto) spettatori.
In Italia 35000 si. 40000 iniziano ad essere un pò troppi.
Ma se qualcosa va storto?
Le società sportive in Italia sono soggetti economici traballanti.
E qui subentra la Reggiana Calcio.

Immagine di repertorio La Gazzetta Granata

Vi ricordate?
Se non lo ricordate, vuol dire che siete stati poco attenti, non dite che non ve lo avevo detto.
Una storia bellissima vissuta da una comunità cittadina veramente affezionata alla realtà calcistica locale.
Era il 1993. e qui, al posto delle chiacchiere, alcuni tifosi intervengono di tasca loro, per aiutare la Reggio Emilia “Bene” ad arrivare alle somme previste per lo stadio.
La Reggiana andava bene e lo stadio comunale, al centro della città, andava riadattato. Quando le cose vanno bene, specialmente nel calcio, vogliono esserci tutti. Però qui un’ eccezione ci sarà (ricordate i tifosi normali).
Come fare?
Per non demolire la bella Reggio, si prende la decisione di fare un nuovo stadio che nasce nel 1995.
1993-1995? Due anni? No.
Tutta burocrazia perchè lo stadio in pochi mesi prende forma e vita. Visto che se c’è la volontà, non solo delle società, gli ostacoli si superano.
Come? Ai capitali investiti da imprenditori del luogo, già tanti, per raggiungere la quota, anche se non bastano, alcuni tifosi locali, affezionati veramente, mettono le mani in tasca ed in cambio di abbonamenti pluriennali, danno il resto.
Lo stadio si chiama Giglio e voi sapete perchè.
Morale della favola, la Reggiana poco dopo scende in B, dopo qualche anno, va in difficoltá finanziarie, viene dichiarato lo stato di insolvenza, ricordate il 2004 della Lazio? Ci siamo quasi arrivati, con relativa sentenza di fallimento.

Immagine di repertorio Gazzetta di Reggio

Voi direte: “Ma la società ha lo stadio che problemi ci sono?.”
E, invece, no. Lo stadio, in se per se, non vale nulla.

I creditori vogliono essere soddisfatti e per farlo bisogna avere somme liquide o beni immobili da inserire a massa fallimentare. Ma lo stadio da solo non basta, dopo un pò di tempo va all’asta e…

Poi arriva la Mapei che, anni dopo, adotta il naming rights, ma soltanto dopo averlo acquistato all’asta, per metterlo a disposizione del Sassuolo.
Visto perchè parlavamo del Sassuolo e della Reggiana?
Ad oggi, ci giocano Sassuolo, Reggiana, militante in B, con la sua nuova denominazione, e ci ha giocato anche il Carpi quando fece la serie A.

Immagine di repertorio da Facebook

Il ricorso al fallimento della gloriosa società emiliana è un esempio che fa da monito a chi, oggi, pensa di poter risolvere le proprie criticità economico finanziarie con la sola struttura stadio.

Chi tifa Lazio, come chi scrive, non può aver dimenticato gli anni in cui ci si giocava l’accesso al quarto posto con i friulani di Udine. L’Udinese, la società portata per anni come modello da seguire, dopo aver costruito lo stadio, non si è più ripetuta. Da anni non riesce a trovare la continuità di risultati e le intuizioni nello scovare talenti, condizione che l’ha vista per anni tra le società più seguite ed ammirate.

Immagine di repertorio Calciopedia Wiki

In A, delle cinque titolari dello stadio di proprietà, solo la Juventus ha saputo conciliare risultati economici e sportivi.
La Juventus ha fatto lo stadio, ci gioca.
Ma si è garantita anche lo sfruttamento delle aree circostanti, il tutto mediante la stipula di un contratto di utilizzo della superficie del terreno che ospita lo stadio, per i prossimi 99 anni.
Si chiama sfruttamento della superficie. Concessione comunale o di altro Ente Pubblico.

Immagine di repertorio J.com

Questa situazione ha permesso alla Juventus di potersi misurare con le grandi d’Europa ed acquistare calciatori di rango internazionale; nonostante la situazione economico finanziaria molto precaria.

Questa è la differenza tra una società che si dota di uno stadio ed una che, oltre all’impianto, ha la possibilità di fruire di immobili, uffici, ristoranti, museo e quant’altro. Mentre scriviamo, la Juventus sta varando un nuovo aumento di capitale per ridurre le perdite. Tale operazione è permessa grazie all’affidamento di cui gode la società bianconera.

Immagine di repertorio Wikipedia

E le altre?
Le altre che hanno fatto soltanto lo stadio, non hanno ancora vinto nulla.
Anzi, alcune, guardate il già citato esempio dell’Udinese, per qualche anno ha peggiorato i propri risultati sportivi.
Tornando a noi.
Fai lo stadio, lo ammoderni, ci spendi soldi e poi?
Se qualcosa va storto, ai creditori cosa dai lo stadio? A chi chiede di rientrare dei crediti e dei finanziamenti, cosa gli diciamo? Prenditi la storia?
Avviare lavori al centro di una città difficile, dal punto di vista del territorio come Roma, è rischioso.
La Roma, scusate il lapsus, la Romolo and Remus perchè la Roma non c’entra nulla, si fa, se la burocrazia vuole, il suo bello stadio, con altre costruzioni attorno.

Immagine di repertorio Il Messaggero

E la Lazio?
Lotito, che vi piaccia o no, a detta anche di alcuni ex calciatori della Lazio, il progetto ce lo ha pronto da anni. Anni prima che la Roma decidesse di farselo a Pietralata.,
Ecco dove voleva arrivare questo, direte voi, vi dico subito che non lavoro per la SS Lazio, anche se mi piacerebbe, non sto dentro il calcio e sinceramente di chi gestisce la società mi interessa poco. L’importante è che venga fatto bene.
E su quest’ultima cosa, come la Juventus, negli ultimi dieci anni siamo la squadra che ha vinto di più dopo i bianconeri e stiamo economicamente meglio di loro a livello di bilancio. Ma non siamo potenti, economicamente, come loro.
Detto ciò ripartiamo da quello che ci interessa.
Il Flaminio?
Conviene?
Mica lo so. Di sicuro è meglio lo stadio nuovo con tutti gli indotti.
Lo stadio di proprietà e lo sfruttamento del territorio circostante, con il Flaminio, per come stanno le cose, non si può fare. Uno stadio nuovo, invece, con degli indotti, sarebbe comunque della Lazio e questo aumenterebbe la capacità economica della società e con lei le possibilità di continuare a pensare in grande.
Come?
Come ha fatto la Juventus e come intendono fare i proprietari della Roma.
Avete idea di cosa voglia dire riprendere uno stadio che versa in condizioni tragiche, togliere i vincoli (se ancora ci sono), fare la copertura, rifarlo ex novo, mantenendo alcune regole in piedi?
…e se nello scavare troviamo qualcosa di interessante?
La domenica sai che macello tra traffico e movimenti vari? I parcheggi?

E chi finanzia la spesa?
La SS Lazio 1900?
E quando li recupera tutti questi denari spesi?
Lo stadio moderno va vissuto 365 gg all’anno ed anche, se l’anno è bisestile, 366.
Fatevi una passeggiata all’Olimpico e nella zona, in un giorno fuori dalle gare. Un deserto. Nel deserto qualche cammello lo incrociate di sicuro.

Immagine di repertorio Skuola.net

A mio avviso lo stadio va fatto, ex novo, con, tantissime altre strutture di contorno. La storia la rispettiamo anche così e allo stesso tempo ci garantiremo un futuro.
Juventus docet.

“Il massimo della saggezza è vivere nel presente, pianificare il futuro e trarre profitto dal passato.” (Jacob Braude).



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