Lazio – Milan, emozione Romagnoli: “Milan, le strade si sono separate ma ora sono a casa”

Quando ti chiedono di parlare dell’amore più importante della tua vita in realtà ti stanno chiedendo quella che forse è la cosa più facile, e al tempo stesso la più difficile del mondo. Come si può descrivere in poche parole l’immensità di un amore? Quel luccichio degli occhi quando parli di lei, quella sensazione di volare che senti dentro quando ripensi ai momenti belli passati insieme?

Ci ha provato Alessio Romagnoli. Il numero 13 biancoreleste, in occasione della sfida di campionato tra la sua Lazio ed il suo ex Milan, è stato intervistato nel centro sportivo di Formello dal suo ex compagno Riccardo Montolivo, per i microfoni di Dazn, lui quella di martedì sarà una sfida speciale. Passato presente e futuro si racchiudono in una serata. 

E’ normale che è bello per una persona giocare per la propria squadra del cuore ed essere a casa. Però io penso che la scelta più forte, più importante, sia quella di trovare un  progetto serio, una squadra forte e un mister forte, perché io voglio vincere con la Lazio. E’ bello essere qui, ma io voglio vincere con la mia squadra del cuore, per me è la cosa fondamentale“.

LA FEDE BIANCOCELESTE – Ero un bambino, sarà stato il 2003/2004 ed è stata l’unica volta, prima di tornare quest’anno. Entrai con mio papà, perché tramite un amico ottenemmo due pass per assistere all’allenamento. C’era Mancini come allenatore e la squadra si allenava nella gabbia. Io sognavo di tornarci da calciatore, quando sono tornato è stato emozionante, come ogni giorno che ritorno. La mia fede biancoceleste me l’hanno trasmessa mio papà e mia nonna. Mio padre è sempre stato tifoso della Lazio, mia nonna anche e io da piccolo passavo molto tempo con mia nonna, vedevo le partite con loro, la squadra vinceva, era una Lazio fortissima ed è stato molto facile affezionarmi a quella squadra“.

IL RITORNO A CASA  –Io ho sempre avuto l’idea di voler tornare. Non volevo farlo troppo tardi, ma in un’età in cui mi sentivo ancora bene, in cui potessi dare il meglio di me stesso. Avevo altre buone offerte sul mercato, però c’è sempre stata questa volontà di tornare, la voglia di vestire questa maglia. Molto hanno fatto anche le persone a casa che mi dicevano ‘torna, torna’”. Montolivo conferma: Io me lo ricordo, il primo risultato che andavi a controllare era quello della Lazio“. Ridendo riprende Romagnoli: “La volontà c’è sempre stata, poi comunque la Lazio ha un bel progetto, è una squadra molto competitiva e molto forte, ha un mister che è molto molto bravo e preparato, quindi mi son detto che questo era il tempo per tornare“.

SARRI – Montolivo, dopo aver espresso la sua stima per Sarri, ammette: “Mi sarebbe piaciuto molto essere allenato da un maestro di calcio come lui. Io ho avuto Prandelli e tendo ad accostarli, ma penso che un tecnico così abbia inciso nella tua scelta?”.Molto, moltissimo” – risponde Alessio – “Lui mi piaceva dai tempi di Napoli, ero curioso di sapere come lavorava, in particolare con la linea difensiva, i dettagli su cui si concentrava. La compattezza nel derby? Noi lavoriamo tutti i giorni, sia di reparto, sia come squadra. Abbiamo dei concetti che seguiamo, che ci danno de benefici. Poi a volta capita, come è successo, che non va bene la partita ma l’idea con o senza palla è rimasta. Ci sono altre cose, poi, che vanno messe apposto durante la partita. La cosa bella, però è che noi abbiamo un’identità e la riconoscono tutti“.

IL MILAN, LO SCUDETTO E LE CRITICHE – Un calciatore italiano deve puntare a vincere lo scudetto. Vincerlo con una società come il Milan, da capitano, è una cosa fuori dal comune. È stato bello, dopo anni di delusioni, tante critiche, tanti movimenti bui, passare a fare 75 mila ogni volta a San Siro e sentirsi a casa ogni volta che andavamo fuori è stata una cosa pazzesca. Vincere è stato pazzesco. Critiche? Non me ne frega niente (ride, ndr). Possono dare fastidio, più o meno. Non sapevano come stavo alcune volte quando andavo in campo, sono stato male da novembre in poi con la pubalgia. Facevo fatica anche ad allenarmi. Fascia al braccio? Il bello e il brutto, la responsabilità che hai. Normale che quando la squadra va così così, il primo a mettere la faccia dev’essere il capitano. Rimango sempre focalizzato su quello che devo fare in campo“.

L’ADDIO –  Col Milan avevamo discusso della situazione del contratto, loro mi avevano fatto anche un’offerta. Poi le nostre strade si sono separate, loro hanno preferito fare altre scelte, io ho fatto le mie. Magari sarebbe stato meglio essere più chiari, in modo da non portare la trattativa fino alla fine. Però io del Milan posso avere solo ricordi bellissimi, 7 anni fantastici“.

IL RIGORE SOTTO LA NORD – Semifinale di Coppa Italia, rigore contro la Lazio? Ero dispiaciuto perché giocavamo con la Lazio, ma contento perché avevamo passato il turno. Avevamo già perso una finale con Brocchi. Il pensiero era più che altro per mia nonna, lei e mio padre sono quelli che mi hanno sempre supportato, mi hanno portato a giocare in piazzetta, agli allenamenti. Mi è venuto molto facile non esultare, l’ho detto: la Lazio l’ho sempre rispettata. Il primo gol sotto la Nord è stata un’esplosione mia ma credo di tanta altra gente“.

SU MIHAJLOVIC – “Con lui ho avuto un rapporto sincero, bello, lui è una persona vera, di cuore, è stato fondamentale per me, mi ha permesso di andare in una squadra molto prestigiosa come la Sampdoria, mi ha permesso di giocare sin da subito, ho fatto esperienza nonostante i miei sbagli. Lui mi ha sempre dato fiducia, è stato fondamentale sia lì che al Milan. Mi ha voluto”. A quel punto, è intervenuto l’ex calciatore del Milan: “Galliani veniva al campo e ci diceva ‘Mihajlovic vuole Romagnoli, lui soltanto. Non c’è chance, Romagnoli e altri 10”. Il difensore della Lazio aggiunge: “Tutti dicevano che lui mi chiamava tutti i giorni, non è vero. Mi ha mandato un messaggio ‘Vuoi venire al Milan?’. E io ‘Sì’. Finito, basta. Ricordo con la Fiorentina, avevamo perso male contro la Lazio. Arriviamo davanti l’albergo, 500-600 tifosi avvelenati, con la squadra ma anche con lui. La sicurezza ci aveva detto di aspettare, che la situazione non era buona. Si alza Sinisa: ‘Aprite subito la porta, voglio scendere’. E i ragazzi della sicurezza ‘Mister, non è il caso’. E lui: ‘Aprite subito la porta che voglio scendere a parlare’. Dopo cinque minuti non volava più una mosca. È sempre stato così, difendeva la squadra dalle critiche, una persona di cuore”.