Lettera a Giorgio Chinaglia

Caro Giorgione, ti chiamo così perché per me, da quando gli ho conosciuto, sei Giorgione.

Qualcuno asserisce che oggi ricorrerebbe il decennale del tuo arrivo nel cielo biancazzurro. Non pensano che oggi è il 1 Aprile ed io a questi scherzi non credo più…

L’idolo dell’infanzia, l’eroe della giovinezza, il maestro della presa di coscienza di un popolo, non muore mai! Ti ho chiamato maestro, perché, se, nella storia della Lazio c’è stato qualcuno che ha rappresentato l’orgoglio laziale, insegnare ad andare contro tutto e tutti, non accettare le prepotenze, quel qualcuno si chiama Giorgio Chinaglia, e sei tu.

Giorgione, ricordi quando ai Mondiali di Germania 74, Valcareggi, che non poté fare a meno di convocarti, eri campione d’Italia e capocannoniere, ti tolse dal campo immeritatamente? Il tuo gesto, eclatante per l’epoca, fece il giro del mondo. A noi laziali, però, fece capire che non dobbiamo subire soprusi, maldicenze e prepotenze da nessuno. Neanche da un arbitro in pessima malafede come Menicucci di Firenze, giustamente gli volevi spaccare l’ombrello sulla testa.

Giorgione, Ti ricordi i derby giocati? La Roma e soprattutto i suoi tifosi erano i tuoi nemici principali. Emblematici i due derby nella stagione che ci regalò il primo scudetto della storia della Lazio. Nel derby di andata, dopo aver segnato in rovesciata, ti sei rivolto alla curva sud col dito sulla bocca. Volevi zittire una volta per tutte una volta per tutte i tuoi nemici. Nemici che invece cominciarono a minacciarti in tutti modi. Poteva impaurirsi uno come Giorgione? Certo che no!

Al derby di ritorno ti bastò mostrare il piede all’uscita del sottopassaggio per scatenare la furia dei supporters giallorossi. Cominciarono a tirarti di tutto, Tu impassibile con ancora indosso gli abiti civili ti se piazzato impassibile sotto la curva sud a guardare chi ti insultava e chi cercava di colpirti con tutto ciò che poteva lanciarti contro. Carico da questa situazione caro Giorgio, sei rientrato negli spogliatoi, hai indossato la divisa e sei andato negli spogliatoi dei calciatori della Roma. Hai aperto la porta e hai detto: – Vi aspetto di fuori!-.  In campo, caro Giorgio, fosti una furia, volevi assolutamente battere la Roma. Non vedevi l’ora di segnare un goal ai tuoi nemici giallorossi. Quando l’arbitro fischiò il rigore che poteva decretare la vittoria sulla Roma, caro Giorgio hai preso il pallone, lo hai messo sul dischetto e fecesti GO (come dicevi tu), ti sei precipitato sotto la curva sud e li hai indicati col dito. Un’immagine che, immortalata dal fotografo di campo Geppetti; divenne parte della Lazialità. Giorgio, avevi portato orgoglio tra il popolo laziale.

Caro Giorgio, col tuo fisico prestante, con la rabbia dell’emigrante, con l’orgoglio di chi sa che quelli come te possono arrivare in alto solo lottando, sei arrivato a Roma fra lo scetticismo di tutti. La tua tenacia lo ha consacrato nell’olimpo degli dei biancazzurri. Tu, sempre pronto alla battaglia. Caro Giorgione, ricordo ancora quando tornasti dall’America per diventare presidente della nostra Lazio. Che gioia! Purtroppo il tuo grande cuore, la grande fiducia che hai avuto nelle persone sbagliate, ti ha portato a soffrire, e noi con te. Anche questo ci ha insegnato, a non fidarsi di chi promette e non mantiene.

Alcuno dice che oggi sono 10 anni Dal tuo arrivo nel cielo biancazzurro. Si sbagliano, si sbagliano di grosso! Giorgione non muore mai, è sempre vivo nel cuore di chi lo ama.