Uno Tsunami da incorniciare

(lunedi 22 maggio 2017, ore 14,30)

Manca una sola giornata al termine di questa stagione con una Lazio che raggiunge l’Europa League direttamente ai gironi, che ha giocato la finale di Coppa Italia contro la Juventus purtroppo perdendola, e che si è assicurata la finale di Supercoppa Italiana in virtù del sesto scudetto conquistato sempre dalla Juventus, dominatrice indiscusso di quest’ultimo lustro temporale calcistico. Manca una sola giornata e la Lazio già da un paio di partite precedenti, ha praticamente disconnesso la concentrazione mentale che è indispensabile invece per poter giocare anche le partite ininfluenti, con la giusta cattiveria agonistica. Ma se la partita di Firenze, giocata scientemente e volontariamente con mezza squadra titolare fuori ( forse era meglio mettercela tutta la squadra titolare fuori) per via della finale di Coppa Italia da giocare di li a tre giorni contro la Juventus, la partita contro l’Inter è stata interpretata male e con una mentalità ormai più proiettata verso le spiagge calde con la famiglia, che verso il pallone da calcio che probabilmente a questo punto, è diventato un oggetto mal visto nella mente dei giocatori. Peccato davvero perché l’acquisizione di una mentalità vincente, di una mentalità cattiva ( parliamo sempre e solo dal punto di vista agonistico sportiva) la si assorbe e la si conserva non mollando mai nulla, soprattutto quelle partite che non hanno più nulla da darti se non la certezza che manca una giornata di meno alle vacanze. Però…tutto questo ha più di qualche però, c’è il però della doverosa considerazione del punto di partenza di questa stagione, della immensa difficoltà ambientale dell’inizio di luglio scorso, dello tsunami che si è abbattuto con la vicenda Bielsa. Tale evento che nel mondo reale è sempre catastrofico, nella Lazio ha paradossalmente assunto il ruolo di purificatore e di ricompattamento graduale di un popolo. Da sempre abbiamo detto che per superare i danni provocati dallo tsunami Bielsa, l’unico in grado di reggere l’urto psicologico e di reggere l’urto ambientale ostile, era solo Simone Inzaghi. L’unico che con 18 anni di Lazio vissuta direttamente sulle sue spalle, era in grado di non bruciarsi in quel rogo che era alto e difficile da domare. Dunque la Lazio iniziava una stagione contro tutto e contro tutti davvero, con un Inzaghi a capo di un manipolo di giovani e con qualche senatore che lo seguiva ma che al suo interno, era ancora dubbioso. Il percorso durante la stagione però ( appunto uno dei tanti però di cui ho parlato prima) mano mano mostrava quanto Inzaghi riusciva a trasmettere ai giocatori, quanto Inzaghi iniettava a tutti la consapevolezza che con un gruppo unito e compatto, alcune carenze tecniche potevano essere superate. E allora ecco che durante il percorso, anche il popolo laziale, la curva per onestà intellettuale è stata la prima, ha cominciato a gustarsi la Lazio di inzaghi, di immobile, di Keita, di tutti i giocatori che scendevano in campo mai domi e sempre sul pezzo. Nessuno o quasi, (e qui se permettete mi prendo qualche personale merito per essere stato uno della minoranza che ci credeva), era convinto che questa Lazio uscente dallo tsunami Bielsa, potesse disputare una stagione positiva e conquistare un posto in Europa già con qualche giornata di anticipo e decorare questa torta con la ciliegina della finale di Coppa Italia. La Lazio indubbiamente aveva una rosa appena sufficiente per disputare il campionato e la coppa nazionale e ora alla fine, questa sufficienza risicata la si vede di più proprio quando la mente non supporta il fisico e la tecnica. Nel corso del campionato questa mente e questa determinazione, hanno consentito alla Lazio di vincere partite difficile anche con assenze illustri, quindi ovvio che ora tutto parte dalla concentrazione mentale e non fisica. C’è nei tifosi un po’ di amarezza per questo finale di campionato, c’è quel dispiacere di non aver messo in cassaforte un prestigioso quarto posto, ancora perfettamente possibile pe carità, che sentenzia in maniera inequivocabile come la Lazio abbia fatto dietro l grandi del campionato non solo tecnicamente ma anche economicamente, il massimo possibile per questa stagione. Una stagione che deve essere messa tra gli annali e ricordata, perché non è stata una stagione qualsiasi, non è stata una stagione normale, è stata una stagione che veniva da uno tsunami, e lo tsunami quando arriva, porta via tutto, e ricostruire non è così semplice, anzi, diventa tutto maledettamente difficile , anche fare le cose che normalmente sono facilissime. Solo un altro tsunami poteva contrapporsi allo tsunami abbattuto questa estate sulla Lazio, lo tsunami Inzaghi. Ora è tornato il sereno, ora la base per ricostruire c’è tutta, anzi è molto solida e forte, ora basta solo puntellare bene dove questa base soffre di più la pressione stagionale, ora serve che tutti facciano bene la loro parte, ora serve poter progettare un futuro. La società lo sa, l’allenatore attraverso le sue ultime dichiarazioni lo ha apertamente detto e conclamato, la squadra è cosciente di quello che si può costruire, il tifoso pure. Tutte le pedine adesso sono al loro posto iniziale, pronte a muoversi secondo le loro traiettorie definite, e se tutti seguiranno queste traiettorie fino alla fine senza deragliare, la Lazio arriverà alla meta della crescita e della consapevolezza di essere finalmente tornata nel calcio che conta davvero. Tutti uniti, tutti dalla stessa parte, tutti, nessuno escluso altrimenti ci sarà un altro tsunami e stavolta dubito che riusciremo a ricostruire ciò che per l’ennesima volta è stato costruito. Forza Lazio, il futuro è il tuo.